Seleziona la lingua

Italian

Down Icon

Seleziona Paese

Italy

Down Icon

Gros sui dazi: “Bene la proposta tedesca di accettare il 10%. Trump è il problema”

Gros sui dazi: “Bene la proposta tedesca di accettare il 10%. Trump è il problema”

“La proposta tedesca, appoggiata dall’Italia e dalla stessa Ursula von der Leyen, di accettare il 10% “secco” di dazi pur di uscire dall’impasse, mi sembra ragionevole. Il problema è che qualcuno degli interlocutori europei deve riuscire a parlare per dieci minuti con Trump in persona, magari una mattina che si è svegliato di buon umore, per sottoscrivere insieme gli impegni”. Secondo Daniel Gros, l’economista tedesco che dirige l’Institute for european policymaking della Bocconi dopo una lunga esperienza nei think-tank di Bruxelles, le incognite non finiscono mai, per i dazi come per qualsiasi altro problema che coinvolga l’amministrazione di Washington.

Aver avvalorato questa soluzione equivale all’ennesima prova della debolezza dell’Europa?

«In parte, ma non la metterei in questi termini. Tutta questa colossale storia dei dazi se l’è inventata di sana pianta Trump, convinto di poter incassare qualche miliardo in più a spese della Cina e dell’Europa che definisce “parassita”, e di avviare un processo di reindustrializzazione in America che è il più improbabile degli obiettivi. L’unico risultato è il caos nell’economia globale. Però bisogna pragmaticamente prendere atto della realtà, è una delle cose della vita che succedono e vanno affrontate limitando il più possibile i danni. In quest’ottica l’approccio diplomatico è il più sensato, come pare che stia per concedere perfino Macron».

Ma un’Europa più coesa non avrebbe più potere negoziale?

«Ancora una volta dobbiamo basarci sulla realtà. E farlo in modo proattivo: se questa controversia con l’America è l’occasione per rimuovere un po’ di quelli che impropriamente vengono chiamati “dazi interni”, cioè le barriere e i vincoli regolamentari che ostacolano il mercato comune, ecco che un aspetto positivo in tutto questo bailamme può emergere».

Quali saranno i costi dei dazi?

«Qualsiasi calcolo è prematuro in attesa che si concluda il negoziato. È difficile prevedere le tariffe che verranno effettivamente riscosse, così come identificare chi se ne farà carico: se il consumatore americano o l’azienda esportatrice nel caso in cui assorba parte dei costi pur di non perdere quote di mercato. L’ultimo dato ufficiale si riferisce a maggio, quando i dazi hanno reso 22 miliardi su 275 di importazioni in America, il che vuol dire un dazio effettivo, cioè pagato, solo dell’8%. E non va dimenticato, a proposito di impacci burocratici, che il dossier dazi comprende ventimila voci, e va applicato in oltre cento Paesi».

Come si inserisce in questo contesto il pre-accordo con la Cina?

«In modo favorevole per noi europei perché la Cina è il nostro principale concorrente in terra americana e vederla imbrigliata su dazi non più stellari come quelli di cui favoleggiava Trump ma comunque più alti, lascia spazi di mercato per le imprese europee. Le quali, come provano le proteste dei settori produttivi che continuano a piovere, hanno già i loro problemi con i dazi al 10%. Bisogna vedere dove porterà il negoziato specialmente per settori altamente sensibili come le auto, rassegnandoci su acciaio e alluminio in fondo marginali. Ricordiamoci: nulla è mai certo con Trump. Basta una qualche contrarietà, che parli con qualcuno dei suoi consiglieri più radicali o che un premier come Sanchez lo innervosisca, perché lui ribalti il tavolo, si rimangi la parola data, agisca in modo opposto. Ne abbiamo prove continue, ogni giorno, ogni ora».

La Repubblica

La Repubblica

Notizie simili

Tutte le notizie
Animated ArrowAnimated ArrowAnimated Arrow